In piena crisi da coronavirus costretti ai domiciliari e con i militari per le strade. Ci attraversa un senso di impotenza misto a rabbia. Le prospettive per il futuro non ci fanno immaginare niente di buono. Come spesso accade è la realtà a costringerci a rivedere i nostri piani. Una realtà che aggiungerà crisi alla crisi. Che porterà ancora miseria e sfruttamento. Ma che apre anche nuove possibilità. Possibilità che passano da una nostra consapevolezza, del ruolo che possiamo svolgere in questa fase così complicata. Quale prospettiva noi immaginiamo e in che modo pensiamo di portare il nostro modesto contributo? Noi, in quanto Fondazione, siamo tra quelli che auspicano un largo fronte di classe. Una resistenza all’avanzare della barbarie. Una consapevolezza che si realizza nell’appoggio a quelle forme di resistenza che mettono al centro autonomia e protagonismo dei soggetti. In passato abbiamo sviluppato quest’idea nella proposta di campagna “Rafforzare ed estendere resistenza!” Oggi diamo spazio ad un percorso che nel torinese sta provando a dare concretezza organizzativa e forza a chi lotta e resiste, nel quotidiano, nel vivo delle pratiche sia sociali che politiche:
Sosteniamo la Cassa di Resistenza Territoriale!
Per dare forza, nella lotta, a chi viene colpito dalla repressione di Stato e padroni
Per contribuire a percorsi di unità ed autorganizzazione nel conflitto
costruendo legami e reti di solidarietà duraturi, nella prospettiva di un largo fronte di classe
La Cassa di Resistenza Territoriale è già intervenuta con il sostegno militante ed economico nei confronti dei braccianti agricoli della bassa Valle Scrivia (AL), dei rider in lotta a Torino, di dipendenti del bar Polo Universitario Einaudi (TO), e di operai edili della Mgc-Manital a Ivrea. Sostegno dato grazie anche al contributo della Fondazione La Rossa Primavera.
Per contatti: CResT@autistici.org
Facebook.com/cassadiresistenzaterritoriale
Per donazioni:
IBAN: IT88 0501801000000016913980 Causale, “Sostegno Cassa di Resistenza Territoriale”.
GUERRA DI CLASSE AL TEMPO DEL CORONA VIRUS. SARÀ BARBARIE O INIZIO DI UN’ALTRA POSSIBILITÀ?
Lavoriamo per una mobilitazione del fronte di classe. Per unire le lotte! Per resistere oggi! Per attaccare domani!
Il fattore coronavirus ha impattato su una realtà già gravemente compromessa, infetta da anni di smantellamento della sanità pubblica a favore della privatizzazione, per trarre ancora una volta profitto dalla sofferenza umana.
Il massacro sociale, commissionato dalle istituzioni economiche ed attuato dai vari governi con la complicità dei sindacati confederali, è stato giustificato dallo stato di necessità determinato dalla crisi dell’economia borghese.
Il Covid19 ha impatto su un territorio già bersaglio degli interesse dei padroni locali e dei vari consorzi d’affari internazionali e per questo divenuto da terreno fertile di lotte operaie e partigiane a terra di ri/conquista borghese. Un territorio dove la miseria del sapere del nemico di classe e le sue ricette economiche, (l’individualismo/consumismo, pensiero unico/neoliberismo) hanno lavorato per la distruzione della coscienza operaia, per la cancellazione della solidarietà collettiva.
Il Covid19 ha impattato su un esistente dall’equilibrio scricchiolante, interessato da una crisi economica che arriva da lontano e che i vari governi in questi anni hanno cercato di arginare, di controllarne i possibili fattori di shock,di rimandarne i crack, cercando di contrattare sulle piazze economiche mondiali porzioni di profitto e posizioni di potere
Gli sviluppi dell’attuale situazione avranno pesanti ripercussioni sulla crisi di sovrapproduzione di merci e capitali che sta interessando l’intero globo. Essa avrà effetti devastanti ovunque, in ogni ambito dell’esistente, i cui costi saranno scaricati inevitabilmente sui poveri, sui venditori di forza lavoro.
La borghesia, attraverso i suoi apparati, si sta già muovendo per armarsi con ogni mezzo necessario in previsione dei futuri scenari di conflitto, di guerra; per contrastare le resistenze dei lavoratori e le azioni dei compagni in lotta. E lo sta facendo “meglio” di come ha fatto finora. È da sempre che si attrezza per prevenire e colpire con provvedimenti emergenziali. L’ha già fatto in passato, con leggi di emergenza, poi confermate ed affinate nel tempo. Polizia, esercito, mezzi militari, droni, dispositivi di controllo vari, stanno invadendo sempre più ogni luogo del possibile contagio delle lotte, ogni spazio del confronto collettivo. Invade le strade, le piazze non più di sole merci, inquinamento e agenti della repressione, ma lo pervade di un nuovo ordine di guerra, attraverso l’isolamento militare di territori (zone rosse).
Spazi che erano anche nostri compagni, nostri e degli operai, della collettività. Invade quei luoghi, quindi, che fino a pochi giorni fa, con tutti i limiti e le differenze ideologiche, con una memoria storica azzoppata da anni di sconfitte, con una coscienza di classe annebbiata anche dalla rassegnazione, son stati comunque i luoghi del confronto e dell’azione, i luoghi del vivere quotidiano, della produzione e delle lotte sociali, di resistenze contro la repressione e le politiche padronali. Spazi occupati dal braccio armato di un ordine costituito che sta compiendo una muta nella sua sovrastruttura. Spazi occupati militarmente da nuovi ordini di Repressione,- misure liberticide e rappresaglie padronali-, che già colpivano i lavoratori e compagni prima, ma che ora colpiscono in nome del bene comune, dell’unità patriottica nella battaglia contro il virus e contro chi disubbidisce alle leggi speciali. Colpiscono contro chi privato della libera circolazione, magari in nome di una passeggiata prova ad uscire di casa, contro chi richiuso nelle galere o costretto al proprio posto di lavoro cerca di sottrarsi come può al pericolo di morte. Pericolo di morte e di contagio pandemico proclamato dallo stesso apparato statale…! Dove tutto va fermato tranne che i luoghi del profitto. Ecco quindi che da un lato scoppiano le proteste spontanee sempre più diffuse di uomini e donne che si rifiutano di andare a lavorare, rivolte nelle carceri, e dall’altro proclami dei servi del potere all’unità nazionale, repressione ed emanazioni di Leggi speciali. Sospensione delle libertà e dei diritti, individuali e collettivi; stato di emergenza per “garantire la salute e l’incolumità del cittadino” (?). Misure di tutela che valgono quando bisogna richiudere in casa gli individui ma che non valgono quando bisogna mandare al fronte della produzione il lavoratore e le lavoratrici. Fronte, che già molto prima del coronavirus, ha consegnato lutti e misera alla classe operaia, alla collettività. Ricordando che di inquinamento, di miseria, di lavoro ancora oggi si muore e ancora domani si morirà… se non agiamo perché si compia l’utopia!
Assistiamo ad operazioni di bonifica, disciplinamento e sanificazione del copro sociale in nome di un “vincere e vinceremo” super tecnologico e ancora capace di trascinarsi dietro un sentimento irrazionale e marziale, nella battaglia contro un virus. Mutate le esigenze d’azione della classe nemica ecco che nello strumentalizzare l’emergenza del contagio torna utile anche gonfiare gli animi nazionalistici. Non è un caso che in questi anni, decreto dopo decreto, controriforma dopo controriforma, hanno operato per irreggimentare il diritto di sciopero, le conquiste operai, la memoria storica e smantellato lo stato sociale. Ora il covid19 se da un lato ha scatenato la tempesta della crisi economica, dall’altro ha accelerato i lavori di realizzazione di un impianto statale repressivo, mostruoso, funzionale alle esigenze di libertà d’affari del mercato. Il nemico di classe sta, da un lato, operando per richiudere noi ed imprigionare la voce operaia dentro l’in/canto patrio del “vincere e vinceremo”; dall’altra sta agendo per liberare la sua forza.
Il covid19 gli fornisce un pretesto per accelerare le manovre di realizzazione delle infrastrutture strategiche, puntando su quelle che, in queste mutate condizioni, possono essere in grado di mantenerlo a galla e farlo concorrere sulle piazze del mercato internazionale. Quindi: nella continua corsa alla rapina e controllo delle risorse naturale punta alla realizzazione degli asset strategici tipici della borghesia imperialista come Energia, Sicurezza, Biotecnologia, IT, TLC… altro che tav. Il nemico di classe non riesce a nascondere le resistenze operaie che per spontaneismo, dettato da spirito di sopravvivenza, esplodono dentro i luoghi di lavoro e dentro le galere. Ed anzi, agli occhi dello stesso lavoratore/consumatore si mostrano per quello che sono: scontri dell’interesse del padrone contro il proprio di interesse.
In questa guerra di classe, molti di noi sono coinvolti indirettamente e/o direttamente, come militanti sindacali o come compagni solidali. Com’è naturale che sia! Ma restiamo da un lato confusi, isolati e prigionieri di queste nuove imposizioni da arresto domiciliare; dall’altro ancora inchiodati nei nostri limiti e difetti identitari. Arriviamo da anni di sconfitte e le nostre forze sono state ridotte in polvere. Eppure già si vedono venir avanti spinte tese al rafforzamento della naturale tendenza all’unità delle lotte. Eppure scintille di energie prodotte proprio da queste tempeste si vedono accendersi, si sentono li sulla spina dorsale a percorrere, microscopiche, i nervi rivoluzionari. Speriamo che in queste spinte alberghi anche e soprattutto, la consapevolezza che ormai è necessario e vitale fare quello sforzo collettivo che ci porti a superare i nostri limiti, che ci liberi dalle gabbie dell’identità di bandiera e dell’auto-referenzialità. Perché sbocci forte e di linfa feconda la volontà, l’esigenza collettiva militante tesa alla costruzione dell’unità, nel vero senso del termine. Del fronte! Per poter assieme resistere e ritrovare la via che riconsegni all’autodeterminazione operaia la sua strada. O saremo destinati a rimandare ancora una volta e la battaglia, se la perderemo, produrrà morte. La lama capitalista entrerà più facilmente nelle carne martoriate dei proletari.
Non è facile e non sarà facile, anzi! È difficilissimo ora figuriamoci quando (boh fra un mese? tre? sei?) questa situazione allucinante di emergenza pandemica finirà. Che distruzione troveremo nel tessuto sociale e nel corpo collettivo? Quali spazi potremo percorrere dentro un ordine che si sarà fatto. Ora, sta a noi immaginare un possibile percorso militante comune e collettivo. L’auspicio è quello che le realtà sindacali e politiche animate da uno spirito genuinamente di classe sappiano operare uno scatto per superare i particolarismi in nome degli interessi generali di classe.
Noi Compagne e compagni che stiamo dando impulso al progetto Cassa di Resistenza-Territoriale siamo disponibili ed in parte già operiamo, per unire quelle tendenze che nel movimento guardano agli sfruttati, come possibile virus antisistema.
Contro lo stato di emergenza e la trasformazione repressiva che ne deriva costruiamo ambiti di autodifesa e conflitto.
Trasformiamo gli episodi isolati di resistenza nostri e di ammutinamento operaio in un fronte di resistenza unito.
Per difendere la via preziosa del possibile e, nel conflitto, ridare concretezza e prospettiva al superamento dello stato di cose presente.
Questo è il compito che ci aspetta.
Liberare qui e ora la via dell’impossibile. Per un mondo senza sfruttati e sfruttatori.
Cassa di Resistenza-Territoriale
Torino 20 marzo 2020