Atto dopo atto, il discorso del governo e mediatico gira a vuoto. Divisione tra dimostranti buoni e cattivi, affinamento della strategia della repressione, il governo cerca tutte le formule per trovare una via d’uscita dalla mobilitazione dei Gilets Jaunes. Ultima risposta fino ad oggi, il “Grande dibattito” dovrebbe allentare la pressione del movimento. Problema: la mobilitazione è massiccia a Parigi, con una mobilitazione record a Tolosa. E il governo sta cercando di nasconderlo a tutti i costi
Sabato, 19 gennaio 2019
L’equazione sembra insolubile per il governo. Se inizialmente il governo usava e abusava della strategia della paura, per mezzo del dispositivo militare e della violenza della polizia, ora le migliaia di feriti e mutilati cominciano a scuotere le coscienze dell’opinione pubblica. Se l’esecutivo ha cominciato a rendersi conto di questo cambiamento in seguito al fervore popolare espresso intorno al pugile Christophe Dettinger, il caso di Olivier di Bordeaux ferito alla testa da un colpo sparato dalla BAC (la famigerata Brigata Anticriminalità, che scorazza nelle banlieues, NdT) è stata l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso, come un punto di svolta.
Da quel momento il blackout dei media è diventato quasi ingestibile, costretti a non nascondere più la violenza poliziesca. Peggio ancora, la strategia repressiva del governo ha iniziato a diventare controproducente. Le migliaia di persone ferite e mutilate, combinate con l’impunità totale delle forze di polizia, hanno radicalizzato una vasta frangia di Gilets Jaunes, decisi a confrontarsi con le forze di polizia, erodendo la legittimità dell’istituzione di polizia.
La carta spuntata dei “buoni Gilets Jaunes” contro i “cattivi teppisti”
Per l’atto X (il decimo sabato di mobilitazione), il governo ha tentato di rovesciare l’accusa di “violenza” per cercare di rilegittimare le forze di polizia, alimentando la contrapposizione tra manifestanti buoni e “cattivi”, per dimostrare la “proporzionalità” della risposta della polizia. Ciò è dimostrato dall’ampia presenza dei media, volta a mostrare la “realtà” sul campo. Questa spettacolarizzazione dell’azione di polizia ha cercato di mettere in scena il buon andamento dell’evento, per finire con un’orda di teppisti che doveva essere isolata, a qualsiasi prezzo, dai manifestanti – per meglio legittimare la repressione poliziesca. Se questa operazione non è nuova, assume un significato particolare nel contesto di una profonda delegittimazione delle forze di polizia su una dimensione inedita. L’espressione più chiara di questa operazione è stata la trasmissione in diretta, su BFM TV e CNews, di immagini di violenze della polizia e della manifestante ferita a Rennes. Per la prima volta dall’inizio del movimento, immagini della violenza poliziesca erano girate dal vivo.
Tuttavia, questa strategia di “ritorno all’ordine” del governo, allentando la stretta repressiva, non è priva di contraddizione. Prima di tutto, rispetto alle forze di polizia. Dopo essere state ampiamente incoraggiate a tirare in testa ai manifestanti, il governo ha cercato di “correggere il tiro” tentando di disciplinare la polizia ma senza perdere la faccia. Prima negando la violenza della polizia per voce del Ministero degli Interni, poi operando internamente una rimessa in quadro del direttore generale della polizia.
Problema per il governo: allentando la morsa dei suoi dispositivi quasi militari, lascia uno spazio aperto che il movimento dei Gilets Jaunes sta occupando. Così, molti nuovi manifestanti che potrebbero essere spaventati dalla repressione poliziesca non esitano più a unirsi al movimento. In effetti, la mobilitazione si sta massificando in diverse città di Francia. E in questo senso, anche la stima molto sottovalutata del Ministero degli Interni (per questa decima giornata) cifra il numero di manifestanti in 84.000, più che durante il precedente Atto 9. Cifre del tutto irreali, come evidenziato dall’enorme mobilitazione a Tolosa con oltre 15.000 dimostranti, un record assoluto nel movimento. E i cortei parigini non sono certo da meno, con l’ultimo che è diventato il più consistente dall’inizio della rivolta e, dato politico nuovo, l’arrivo di un piccolo spezzone di un centinaio di militanti della CGT, e ancora una di sessantina di studenti di Parigi.
Ultimo ma non meno importante, la scommessa di Macron sul suo “Grande dibattito” per togliere respiro ai Gilets Jaunes, finisce in realtà per amplificarne il movimento. Una contraddizione tanto più grande che il governo ha scommesso tutto, questa settimana e per il prossimo mese, sul “Grande dibattito”, sperando che il movimento perda intensità, che si sgonfi gradualmente. Ciò è dimostrato dai tentativi del governo di minimizzare, ora dopo ora, le cifre della partecipazione, fino a doverle rialzare oltre a quelle dell’atto 9 per non perdere credibilità. Mentre centinaia di “dibattiti” sono stati organizzati in tutta la Francia, vista la loro partecipazione, e di fronte la massiccia mobilitazione in strada sempre in tutto il Paese, si direbbe che i Gilets Jaunes fossero decisamente più interessati a manifestare per strada. E l’espressione della maggior parte dei Gilets Jaunes la si poteva leggere scritta su un muro:
“È solo un grande dibattito, la lotta continua!”
Articolo tradotto dall’originale: www.revolutionpermanente.fr