Il 22 giugno del 1946 viene promulgata la cosiddetta “amnistia Togliatti”. La strategia revisionista del PCI prevedeva appunto la “riconciliazione nazionale”, il compromesso costituzionale e la rinuncia a velleità rivoluzionarie per il comunismo.
Già evitata un’autentica epurazione negli apparati statali, con l’amnistia i pochi fascisti incarcerati se ne uscirono bellamente. La beffa oltre al danno, continuavano (e continueranno negli anni successivi) ad essere incarcerati molti partigiani, mentre altre centinaia andranno in esilio nei paesi socialisti, sia a causa della criminalizzazione di alcuni episodi resistenziali sia per la continuazione della lotta armata dopo il ’46.
Il 9 luglio viene stilato un volantino firmato “Comando 1° Gap Asti” che anticipa l’imminente ribellione partigiana:
Partigiani, Reduci, Cittadini! Ecco il bilancio tragico dei primi 14 mesi di PACE.
Abbiamo chiesto: EPURAZIONE
Abbiamo avuto: I maggiori responsabili del FASCISMO non solo non sono stati colpiti ma continuano ad avere DENARO e POTERI.
I Criminali, gli speculatori di guerra godono la vita.
Gli ufficiali repubblichini percepiscono stipendi ed arretrati.
Gli alti funzionari fascisti sono rimasti ai loro posti di comando.
Amnistia per i briganti neri
Abbiamo chiesto: LAVORO E PANE
Abbiamo avuto: DISOCCUPAZIONE FAME MISERIA
Abbiamo chiesto: PACE
Abbiamo avuto: Attentati terroristici neofascisti […]
Abbiamo chiesto: REPUBBLICA E COSTITUENTE
Abbiamo avuto: Sì la Repubblica, ma il RE traditore, Badoglio ed i suoi degni compari, con i milioni rubati al popolo […] tramano nell’ombra contro la libertà e la democrazia.
Siamo arrivati alla Costituente ma quanti “Uomini qualunque”, reazionari, fascisti siedono ai seggi dei deputati?
BASTA! Non è più possibile tollerare queste vergogne, sopportare queste umiliazioni, questi insulti al sacrificio dei nostri morti. Se i diritti del popolo, i sacrosanti diritti di chi ha sempre sofferto, di chi altro non chiede che di poter lavorare e vivere in un mondo fatto di GIUSTIZIA ed EGUAGLIANZA, di LIBERTA’ non verranno immediatamente riconosciuti noi riprenderemo le armi per la seconda lotta di liberazione”.
Tutto è detto. La scintilla che fa scoppiare la rivolta di Santa Libera è la sostituzione del capo della polizia ausiliaria, l’ex partigiano garibaldino Carlo Lavagnino con il tenente Russo, ex ufficiale della polizia fascista. Il 20 agosto del 1946 una sessantina di astigiani armati (ex partigiani e membri della polizia ausiliaria di Asti) sequestrano un camion, lo caricano di armi e di viveri, dirigendosi verso Santa Libera, un paese vicino a Santo Stefano Belbo, occupando il paese e dando vita a un’insurrezione armata.
Il ministero dell’interno manda un battaglione di fanteria assieme a reparti di Carabinieri, dell’esercito e della celere ma, nonostante gli ultimatum, nessuno interviene militarmente, e inizia la trattativa con vari esponenti delle istituzioni. Il 22 agosto si registrano diverse agitazioni partigiane di stampo insurrezionalista a Sondrio, Brescia, Mantova, Vercelli, Lucca, Massa, Parma (Val di Taro), Pavia, Pistoia, Savona, Reggio Emilia, Verona, Vicenza, Udine, Firenze, La Spezia, Genova.
“Noi avevamo praticamente ribaltato la situazione: da un gruppo di disperati, che idealmente erano pronti anche a sacrificarsi per una giusta causa, siamo arrivati ad avere il controllo di una grande parte del territorio e se noi avessimo innescato l’azione avremmo coinvolto un grande numero di altri partigiani. Nel Casalese, nell’Oltrepò pavese, a Torino, in Liguria tutti erano sul piede di guerra, mobilitati, pronti a intervenire”.
Purtroppo la consistenza politica e organizzativa era comunque inadeguata, il PCI mise in moto i suoi elementi più prestigiosi per recuperare la situazione dentro le maglie di una trattativa che disinnescò il movimento, alimentando ancor più la disillusione sul futuro del nuovo ordine democristiano.
Il documentario che presentiamo è incentrato sulla narrazione degli eventi da parte di Giovanni Gerbi, partigiano e operaio comunista, che ben sintetizza la portata politica sia di questa insurrezione sia del suo seguito fino a quella successiva del luglio 1948, quando il PCI (disarmando i suoi stessi militanti insorti dopo l’attentato a Togliatti) decretò il definitivo abbandono della lotta per il comunismo, l’integrazione allo Stato borghese, la sottomissione al blocco imperialista NATO
Ma il documentario che presentiamo ha anche un altro valore politico: non è solo denuncia di questo “tradimento” storico, è anche l’indicazione di una sempre possibile via rivoluzionaria, di un’altra scelta che rifiuta il disarmo (in tutti i sensi) e rilancia la lotta.