Sin dagli anni Sessanta Dhoruba bin Wahad fa parte della lotta per la liberazione del popolo afro americano. Per via della sua attività nel partito delle Pantere Nere è stato arrestato, processato e assolto insieme a 21 altri dirigenti della sezione di New York del Partito. La loro persecuzione faceva parte integrale del programma COINTELPRO del governo statunitense il cui obiettivo era la distruzione totale dei movimenti. Come molti altri rivoluzionari in quel periodo, Dhoruba ha scelto la clandestinità e ha lottato nelle file del Black Liberation Army. Dopo una lunga carcerazione Dhoruba è stato liberato perché documenti interni alle forze di polizia hanno provato la sua estranietà al reato. Da quel momento Dharuba ha portato avanti la lotta per la liberazione del suo popolo e contro il neo liberalismo sia negli Stati Uniti sia in Africa. Questo autunno Dhoruba visiterà numerose città europee per parlare della lotta contro il capitalismo e del ruolo centrale della lotta contro il razzismo e la supremazia bianca.
La Fondazione la rossa primavera vi invita a partecipare all’incontro con Dhoruba a Roma, martedì 27 settembre al Csoa eXSNIA. Vi aspettiamo alle 18:30.
L’incontro al Casale de Merode
Dhoruba bin Wahad ha completato il tour europeo con la tappa romana. Ne era molto contento perché occasione per ritrovare una sua “antica” compagna di lotta, Silvia Baraldini. Insieme lottarono nella Black Liberation Army, sul finire degli anni ’70. Organizzazione che fu la continuazione più coerente del Black Panther Party, cui pure partecipò Dhoruba. Parallelamente entrambi scontarono due decenni di carcere, fino ai primi anni 2000, mantenendo la coerenza militante che sappiamo. Dhoruba fu al centro di una vittoria giudiziaria eclatante, riuscendo a raccogliere sufficienti prove della montatura “contro insorgente” di cui fu oggetto (una delle modalità repressive attuate dal famigerato programma “Cointelpro” per la distruzione delle Organizzazioni rivoluzionarie, di quelle afroamericane in particolare). In seguito ebbe così diritto a un forte risarcimento per l’ingiusta detenzione, con cui fondò un “Istituto per una politica PanAfricana” in Ghana, e sostenendo la “Campagna per la liberazione dei prigionieri politici e di guerra neri”, vivendo appunto fra il Ghana e New York. Continua così un intenso impegno politico, che questo incontro ci ha permesso di conoscere e apprezzare, tanto più che i suoi interventi sono stati nei fatti insieme a Silvia, sia per la traduzione ma anche per la bella sintonia di amicizia militante.
Gli incontri si sono svolti in due giorni. Il primo, lunedì 26 settembre, come riunione rivolta ai gruppi e associazioni coinvolte, per una discussione politica ampia presso l’occupazione abitativa di Casal de Merode. Il 27 settembre al mattino, Radio Onda Rossa ha trasmesso l’intervista a Dhoruba bin Wahad e Silvia Baraldini, nel pomeriggio c’è stato l’incontro pubblico aperto, tenuto presso il Csoa eXSnia. I video saranno messi a disposizione da Radio Onda Rossa.
L’incontro all’eXSnia
L’esposizione di Dhoruba è stata preceduta da una breve introduzione di Silvia, che ha ricordato la loro antica amicizia e l’importanza che ha avuto Dhoruba nel suo percorso di presa di coscienza e di scelta militante. Una compagna palestinese, membro del Comitato di solidarietà austriaco che ha organizzato il tour europeo, ha illustrato appunto le varie tappe, i comitati e gruppi coinvolti. Ha, soprattutto, parlato di Samidoun (organismo internazionale del FPLP, di supporto ai prigionieri/e in Israele e Palestina) e della Campagna BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) contro lo Stato Sionista.
Il tema centrale trattato da Dhoruba è stato la risorgenza del fascismo razzista come supporto della crescente aggressività neoliberista imperialista. Partendo da una ricostruzione del fenomeno fascista storico, Dhoruba ne coglie oggi l’utilizzo di alcuni suoi caratteri all’interno della deriva autoritaria delle sedicenti democrazie occidentali. Sottolinea la centralità della “mass mediatizzazione”, cioè dell’omologazione aggressiva del pensiero e delle pulsioni di massa. Questo con la precisa finalità di intruppamento di ampie masse dietro le bandiere con cui si maschera la rinnovata aggressività imperialista su tutti gli scenari mondiali. In particolare il razzismo, nella sua tipica versione del suprematismo bianco, viene aizzato con le paure sul presunto complotto per la “sostituzione etnica”. Cioè una forma ideologica, aberrante, adattata al consumo di massa, per alimentare un motore essenziale del capitalismo, la concorrenza e la sopraffazione. In questo modo si sfruttano al massimo le potenzialità negative della “globalizzazione”: guerre imperialiste, saccheggio e devastazione, ondate migratorie, supersfruttamento in metropoli e, appunto, mobilitazione fascio-razzista delle masse bianche alienate.
Dhoruba insiste molto sulla dimensione internazionalista che deve legare la lotta contro le guerre imperialiste, la solidarietà con tutti i popoli resistenti in armi, l’unità di classe da sviluppare nei paesi occidentali fra proletari autoctoni e migranti. Cita in particolare l’interminabile neocolonialismo europeo e statunitense in Africa e Medio Oriente, la Nato principale braccio armato, e il gran numero di resistenze armate di popoli. Questioni strettamente legate e interagenti. E il tutto animato da una determinazione rivoluzionaria, che superi il limite della denuncia vittimista e della pratica riformista. Un movimento, un’organizzazione che si collochino in senso rivoluzionario non possono rinunciare all’insieme di questi fondamenti. Quindi la prospettiva sta nell’organizzazione dal basso, nell’unirsi e costruire le forze del nostro campo, tendenzialmente rivoluzionario. E internazionalista da subito.
Si sono quindi alternati vari interventi. Dal nostro, in quanto Rossa Primavera, che oltre a condividere gran parte delle analisi e tesi di Dhoruba, ha sollevato la questione dei prigionieri/e rivoluzionari/e, del loro significato come elemento vivo di coerenza e continuità di un movimento rivoluzionario. L’accanimento repressivo che grava su di loro – citando gli estremi del caso italiano (simili agli estremi in USA), le lunghissime carcerazioni e il regime 41bis – rivela quanto sia importante per il potere distruggere l’esistenza di ogni entità realmente antagonista, sovversiva. La solidarietà è poi decisiva anche perché queste strutture carcerarie speciali pesano, a cascata, sull’insieme della piramide di controllo e repressione (citando la massificazione di violenze poliziesco-giudiziarie contro le lotte). Un successivo intervento anarchico si è richiamato al nostro, facendo appello alla prossima mobilitazione contro il 41bis – venerdì 30 settembre, davanti alla Direzione Antimafia-Antiterrorismo, in vicolo della Moretta, alle ore 10.
Alcune compagne hanno sollevato dubbi e chiarimenti sul rapporto con le istanze femministe. E, in effetti, Dhoruba ha ammesso che il rapporto storicamente è stato difficoltoso, poiché il movimento femminista negli USA, nato con le “Suffragette”, era caratterizzato da limiti piccolo borghesi, o di gioventù se vogliamo (il diritto al voto conquistato, per le donne bianche, escludeva sia le donne che gli uomini neri). Ma va detto che Dhoruba ha sempre insistito, rispetto a qualsiasi movimento, sul fatto che se non evolve in termini più conseguenti, rivoluzionari, diventa preda del recupero istituzionale, riformista (cioè non è stato un limite specifico al movimento femminista). Tant’è che il suo giudizio persino su Black Lives Matter è stato tranciante: il sollevamento per l’uccisione di Georges Floyd non ha rotto il limite vittimista (e spontaneista nelle sue migliori espressioni), facendosi così deviare da elementi opportunisti, fra cui proprio BLM che è stato addirittura cooptato (“incapsulato”, termine frequentemente da lui impiegato) finanziariamente.
Un compagno eritreo che lavora nella logistica a Roma ha concluso gli interventi, evidenziando le condizioni di segregazione e supersfruttamento che sono imposte alla popolazione immigrata, ma anche i grandi risultati di un decennio di lotte dei “facchini”. Un ultimo slancio di determinazione e solidarietà a quest’assemblea tanto partecipata e attenta (circa 300 persone che hanno stipato l’ex capannone industriale).
Al di là delle specificità, Dhoruba non vede grosse differenze nella situazione di classe dell’area occidentale, per cui ha concluso appellandosi ai suddetti obiettivi e orientamenti per ricostruire un campo di forza rivoluzionaria e internazionalista.
L’intervista con Dhoruba bin Wahad e Silvia Baraldini su Radio Onda rossa