16 novembre 1980 – 27 agosto 2006 (Buena Onda Focene)
Nell’estate del 2006 Renato Biagetti è un ragazzo di ventisei anni, dal sorriso aperto e dagli occhi di un azzurro intenso. Si è da poco laureato in ingegneria e fa il tecnico del suono, seguendo la sua forte passione per la musica, soprattutto come veicolo di messaggi antirazzisti, antifascisti, antisessisti. Quel sabato sera di fine agosto arriva a Focene, sul litorale romano, per partecipare a una festa reggae sulla spiaggia, nella dance hall dello stabilimento Buena Onda, dai fascisti considerato un ritrovo di «zecche comuniste». È con Laura, la sua ragazza, e Paolo, l’amico di sempre. I tre compagni frequentano attivamente il Laboratorio Occupato Acrobax, di Roma, uno spazio autogestito ricavato nell’ex cinodromo di Ponte Marconi. Si trattengono sulla spiaggia fino alle cinque del mattino, quando Laura va a prendere la macchina. Mentre Renato e Paolo la attendono seduti su un muretto del lungomare, un’auto si accosta e le due persone a bordo gridano insultando i ragazzi. È una chiara provocazione. Gli aggressori scendono, coltelli alla mano, e si avventano sui compagni. Renato è raggiunto da otto fendenti. È già ferito quando cerca di difendere Laura, presa a pugni, mentre Paolo è colpito alla schiena. I due assalitori fuggono. Portato all’ospedale Grassi di Ostia, Renato riesce a fornire a un carabiniere la ricostruzione dei fatti, che però non viene verbalizzata. Sono le sue ultime parole. Muore intorno a mezzogiorno. L’autopsia attribuisce la causa del decesso a due coltellate al cuore «inflitte con estrema violenza», con l’intento di uccidere. Alcuni testimoni annotano il numero di targa dell’auto, di proprietà di un carabiniere, padre di uno degli assassini, che risultano irreperibili per tre giorni, durante i quali tentano di espatriare. Quando vengono arrestati, i giornali parlano di una rissa fra “balordi”. Ma la dinamica dei fatti e l’identità degli assassini mostrano chiaramente che si è trattato di un agguato fascista. Il figlio del carabiniere, Vittorio Emiliani, diciannove anni, di Focene, viene condannato a quindici anni di reclusione per omicidio volontario, con le attenuanti per aver fatto ritrovare una delle due armi del delitto. Gioacchino Amoroso, all’epoca minorenne, è condannato in via definitiva per omicidio volontario in concorso a sei anni e dieci mesi. Nelle motivazioni della sentenza si nega la matrice politica dell’agguato. Non è la prima volta. Una caratteristica delle aggressioni fasciste degli ultimi decenni è infatti quella di essere effettuate fuori dall’attività militante strettamente intesa, prevalentemente contro comportamenti e stili di vita, con una conseguente negazione, da parte del potere, della valenza politica di questi atti e una loro equiparazione alla criminalità comune. Un modo per sottrarre alla vittima anche la propria identità e dignità.
Il caso di Renato è tutt’altro che isolato. Un dossier realizzato dopo la sua morte riporta 134 aggressioni a sfondo razzista, omofobo e fascista compiute a Roma e nel Lazio tra il 2004 e l’estate 2006. Nel secondo anniversario dell’uccisione, al termine del concerto al Parco Schuster, c’è un nuovo attacco fascista a colpi di coltello nei confronti di alcuni ragazzi che hanno partecipato all’iniziativa. Tre giovani vengono feriti. La passione di Renato per la musica rimane viva nel progetto Renoize, proseguito dai compagni di Acrobax, mentre il Comitato Madri per Roma città aperta, guidato dalla mamma Stefania Zuccari, porta avanti la memoria e gli ideali dei compagni uccisi dai fascisti o dalle forze di polizia.