17 ottobre 1959 – 1 maggio 1987 (carcere di Regina Coeli)
È la sera del 1° maggio 1987 quando i medici dell’ospedale Santo Spirito di Roma dichiarano morto un infermiere di ventisette anni, trasportato dal vicino carcere di Regina Coeli. Mario Scrocca, una militanza politica e sindacale prima in Lotta Continua nel quartiere Alessandrino, poi nel settore sanitario delle Rappresentanze di Base (RdB), era stato prelevato all’alba del giorno precedente nella casa in cui viveva con la sua compagna Rossella e il figlio di due anni. L’accusa con cui i carabinieri arrestano il giovane è da ergastolo. Mario è incriminato per i fatti di via Acca Larentia, avvenuti quasi dieci anni prima, il 7 gennaio del 1978. Davanti alla sezione del Movimento Sociale Italiano due giovani fascisti sono uccisi da oppositori politici, che rivendicano l’azione con la sigla Nuclei armati per il contropotere territoriale, mentre un terzo muore durante i successivi scontri con le forze di polizia. Mario viene accusato, insieme ad altri compagni che evitano la cattura, sulla base dei sentito dire e delle generiche dichiarazioni rilasciate tre anni prima dalla pentita Livia Todini, all’epoca dei fatti quattordicenne, che aveva parlato di un tale Mario, riccio e bruno, senza però riconoscerlo nel corso del riscontro fotografico. Appena arrestato, Mario viene messo in isolamento. Teoricamente sottoposto a una continua sorveglianza a vista, viene invece controllato ogni dieci minuti attraverso lo spioncino. Alle 20 del primo maggio le guardie del carcere di Regina Coeli trovano il detenuto impiccato, con un cappio realizzato con la federa del cuscino. Il 5 maggio, all’Istituto di medicina legale, bandiere rosse e pugni chiusi accompagnano l’uscita del feretro, diretto a Pozzaglia Sabino, in provincia di Rieti, dove si svolge il funerale. Pochi giorni dopo la morte, il Tribunale del Riesame revoca il mandato di cattura contro di lui. Successivamente tutti i compagni indagati per i fatti di via Acca Larentia saranno prosciolti.
L’avvocato Giuseppe Mattina, difensore di Mario, e i familiari, denunciano vari aspetti rimasti oscuri sulla carcerazione, sui primi soccorsi, sui referti autoptici, come sulle stesse modalità del gesto, compiuto in una cella anti impiccagione lasciandosi andare con i piedi nel water. Il procedimento aperto contro ignoti, con la costituzione della moglie Rossella come parte civile, si è chiuso in primo grado a circa un anno di distanza. Nessun responsabile se non lo stesso giovane.