Il 24 agosto eravamo a Taranto a presentare “Vivere la tempesta”. Paola ha dato molto spazio alle vicende di questa città, alle sue lotte contro le stragi operaie e ambientali, intessendo un forte rapporto con il collettivo “Case Occupate-Città vecchia”. Un tema – salute e ambiente – oggi al centro delle tensioni sociali e politiche, la pandemia e la crisi climatica ne hanno generalizzato drammaticamente la portata.
Ma le lotte risalgono a molto tempo prima, in particolare al ciclo degli anni 60/70, quando la coscienza “ecologica” si sviluppava proprio a partire dalla forza dell’autonomia operaia nei poli industriali. Con l’attività di archivio della Fondazione riemergono testi e documenti importanti, come questo sulla vicenda del petrolchimico di Porto Marghera (Venezia). Soprattutto si sviluppò la coscienza che è il capitalismo in quanto tale a produrre malattia e morte, e che la soluzione sta nello sviluppare la tendenza rivoluzionaria che porterà al suo rovesciamento. Soluzioni riformiste, in particolare sul piano giudiziario, sono impossibili.
Ecco l’importanza di questo documento che ricostruisce la vicenda del grande processo alla dirigenza Montedison-Enichem, tenuto fra il 1998/2001. Alla base l’inchiesta operaia condotta dall’operaio militante Gabriele Bortolozzo, raccolta e pubblicata da “Medicina Democratica” (n°92, gennaio 1994). I dati sono impressionanti, evidenti. Essa fu integrata poi dall’inchiesta giudiziaria che avverò la morte per tumore di 149 operai/e e le malattie in corso per altri 377 (alla data del marzo 1997). Il tutto molto al ribasso poiché è difficile rintracciare chi è passato in quelle fabbriche per periodi più ristretti e in tempi ormai lontani (ciò che non impedisce loro di aver contratto il cancro, che sovente si manifesta dopo lunghi anni d’incubazione). Nelle stesse parole del Pubblico Ministero ricorrono parole nette e accusatorie: “strage, disastro, omissione, disinformazione scientemente perseguita…”, “con più azioni ed omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, agendo nonostante la previsione dell’evento (morte e malattia..)” e ancora “ecocidio” con gli sversamenti di gigantesche quantità di metalli pesanti, fanghi di lavorazione e veleni sotto e attorno agli stabilimenti. Questa storia era emblematica, forse la più importante fra le tante vicende simili, proprio per le sue dimensioni e per l’essere il risultato della lotta di classe di almeno due decenni. L’attenzione e la pressione “pubblica” erano quindi notevoli. Eppure… eppure la giustizia borghese ebbe il coraggio di mandare tutti assolti! Con artifizi e sofismi incredibili, si rifiutò di stabilire il nesso fra cause ed effetti, di stabilire responsabilità. Al processo d’appello ci penserà la prescrizione, altro artifizio giuridico a protezione dei dominanti. Ecco l’illusione, l’utopia riformista.
Questa storia si è ripetuta, e si ripete, infinitamente. Non troveremo nessun padrone, nessun alto dirigente (in particolare di multinazionali) in carcere. Al limite le produzioni più nocive vengono delocalizzate nei gironi infernali del dominio neocoloniale, altra pratica infame che sottende il disprezzo della vita dei popoli poveri e più repressi. Per noi non fa differenza che la strage sia di operai italiani o indiani o africani. Oggi queste condizioni di sfruttamento mortifero sono presenti ovunque. E reclamano a gran voce la lotta rivoluzionaria e internazionalista che punti al rovesciamento del sistema capitalistico, il sistema più criminale e tossico della Storia.
Con questa pubblicazione vogliamo iniziare a rendere più accessibili materiali e documentazione del nostro archivio. Archivio in costante implementazione e che vorremmo diventi strumento utile ai Collettivi militanti, alle Organizzazioni di classe, nel loro lavoro, nelle loro lotte. Una pubblicazione che cercheremo quindi di rendere frequente, periodica. Un invito a consultarci, di tanto in tanto.